Oltre le etichette: salute mentale, stili di apprendimento e il ruolo educativo della scuola

Superare il mito degli stili di apprendimento e l’eccesso di diagnosi per una scuola che valorizzi ogni mente.

Nicola Simoncelli

10/17/20252 min leggere

boy in black hoodie sitting on chair
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In occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale, la SINPIA – Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza – ha rilanciato un avvertimento importante: non si può più pensare alla salute mentale come a un tema che inizia solo a 14 anni. I disturbi del neurosviluppo spesso si manifestano molto prima, e solo un intervento precoce può davvero fare la differenza.

In Italia un bambino o adolescente su cinque soffre di un disturbo neuropsichiatrico, circa due milioni di minori. Le diagnosi spaziano dai disturbi dello spettro autistico all’ADHD, dalle disabilità intellettive ai disturbi psichiatrici dell'infanzia e dell'adolescenza, a conferma di una realtà complessa che richiede attenzione e strumenti adeguati.

Alla luce di questi numeri, è naturale che la scuola si interroghi sul proprio ruolo nella prevenzione e nell’individuazione precoce delle fragilità. Daniele Novara, pedagogista e direttore del CPP – Centro Psicopedagogico per l’Educazione e la Gestione dei Conflitti, mostra scetticismo sul valore dei test — frequentemente promossi da strutture private che non si avvalgono di protocolli ministeriali riconosciuti — e che finiscono per etichettare come “fragili” o “neurodivergenti” circa un terzo dei bambini.

Novara critica il ricorso “in buona fede” agli screening, sollevando un tema etico cruciale: “Le scuole e le agenzie educative devono riflettere sull’apporto dell’intervento diagnostico in relazione alle fasi evolutive che ogni bambino attraversa, fatte di instabilità, disordine, oscillazioni cognitive e affettive — e comprendere che queste flessioni non indicano necessariamente una patologia. La scuola, ricorrendo in modo eccessivo all’identificazione delle fragilità, rischia di perdere la sua funzione educativa principale: accogliere la complessità, sostenere lo sviluppo e favorire l’esperienza.”

Negli ultimi anni gli screening neuropsichiatrici sono diventati sempre più frequenti, ma l'eccesso di diagnosi rischia di alimentare una cultura della patologizzazione, spostando l’attenzione dal contesto educativo al singolo bambino “problematico”, che richiede di essere seguito in maniera specifica. Il rischio è quello di trasformare la scuola in un luogo di etichettamento precoce, dove la diversità viene ridotta a diagnosi e non più riconosciuta come opportunità di crescita.

La domanda fondamentale è: di cosa hanno davvero bisogno i bambini per stare bene a scuola?

Probabilmente non di ulteriori screening, ma di ambienti di apprendimento ricchi di stimoli, relazioni e possibilità di espressione. Oggi, la scuola dovrebbe saper accogliere una più ampia varietà di profili cognitivi, offrendo supporto specifico senza stigmatizzare o tentare di definire un problema preciso.

Gli studi più recenti mostrano come la visione degli stili di apprendimento sia molto meno rigida di quanto si pensasse. Come spiega lo psicologo cognitivo Daniel Willingham, il cervello integra stimoli visivi, uditivi e motori in modo dinamico, e la varietà metodologica aiuta a rafforzare i processi cognitivi e la costruzione del significato. In altre parole, non esistono studenti esclusivamente “visivi”, “uditivi” o “cinestetici”. L’apprendimento efficace nasce dalla varietà degli stimoli e delle esperienze, utile tanto per chi presenta fragilità quanto per chi manifesta un alto potenziale cognitivo.

Il recente via libera del Senato alla personalizzazione didattica per studenti ad alto potenziale rappresenta un passo importante: la scuola deve accompagnare tutti — non solo chi ha difficoltà, ma anche chi sviluppa ritmi differenti o superiori alla media. La sfida è la stessa: personalizzare senza etichettare.

Le neuroscienze ci ricordano che ogni bambino è un insieme unico di potenzialità, esperienze e contesti. Il compito della scuola è quello di favorire una crescita integrale, creando spazi in cui esplorare, sperimentare e costruire significati attraverso l’esperienza.

Ripensare la scuola significa affrontare la sfida di integrare le nuove tecnologie per creare ambienti educativi capaci di riconoscere e includere le diversità, trasformandole in punto di partenza per la personalizzazione didattica e per una rinnovata idea di inclusione.